Così il dottor Matteo Bertelli rilancia la ricerca attorno alle molecole naturali
Robot al posto di lavoratori umani: un film distopico o una realtà prossima all’avvenire. Le analisi, anche le nostre, si moltiplicano, ma è difficile afferrare un dato che ancora non può definirsi concretizzato. Una differenza però c’é: che la robotica possa costituire un problema per il mondo del lavoro per come lo conosciamo è un fatto noto, mentre che i milioni di lavoro perso a causa dello sviluppo delle intelligenze artificiali, soltanto in Italia, possono variare dai 4 ai 7 è un fattore di stretta novità.
Sono conti che ha presentato Repubblica in questo approfondimento in materia. Nell’articolo del quotidiano appena citato, vengono pure specificate le professioni che sarebbero a rischio: si va da coloro che si occupano a vario titolo o livello di contabilità a coloro che invece sono occupati per assemblaggi. E quelli che Repubblica presenta non sono numeri tirati a caso.
Trattasi di casistiche derivanti da “Rischi di automazione delle occupazioni: una stima per l’Italia”, che è uno studio pubblicato da Mariasole Bannò, che è incaricata presso l’Università di Brescia e da Sandro Trento e da Emilia Filippi che sono incaricati presso l’Università di Trento. Una pubblicazione scientifico-accademica con tutti i crismi del caso, dunque, che inizia a paventare che tipo di mondo del lavoro immaginerà (o subirà?) l’umanità nel prossimo futuro.
Nello studio, che è stato approfondito pure da Innovation Post, dovrebbe tuttavia essere chiaro come lo scenario disegnato costituisca soltanto una possibilità. Non vi è, in buona sostanza, la certezza che le rilevazioni previsionali rappresentino per filo e per segno il numero di posti di lavoro che andranno persi per via della comparsa e della progressione della robotica: trattasi – come premesso – di previsioni. Per quanto queste ultime si siano fondate sui numeri e non sulle sensazioni.